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Canali di traffico

Canali di traffico su Google Analytics

Da alcuni anni, su Google Analytics è disponibile una funzionalità molto utile rispetto all’analisi dell’acquisizione del traffico: il raggruppamento dei canali.

I canali sono delle “etichette” che ci permettono di aggregare le sessioni rispetto a vari criteri relativi all’acquisizione del traffico, che possono essere utili in fase di analisi.

Ad esempio, un criterio è: tutte le sessioni che provengono dai risultati non a pagamento sui motori di ricerca vengono etichettate sotto il canale “Ricerca organica“.

Un altro criterio: tutte le sessioni che provengono dai risultati a pagamento sui motori di ricerca (es. gli annunci AdWords) vengono etichettate sotto il canaleRicerca a pagamento“.

I canali sono di fatto un’altra “dimensione” su Google Analytics, rispetto a cui è possibile analizzare i dati.

Il concetto di canale estende quello più “antico” di “mezzo di traffico” di Google Analytics, che aggrega le sessioni in base alla tipologia della sorgente (es. organic, referral, “none” per diretto, ecc.).

Con i Canali abbiamo la possibilità di impostare dei criteri di aggregazione direttamente dal pannello di Google Analytics in maniera molto flessibile e comoda.

Su Google Analytics, i canali si possono trovare nel rapporto Acquisizione –> Tutto il Traffico –> Canali:

Esempio di rapporto Canali su Google Analytics

Esempio di rapporto Canali su Google Analytics

Raggruppamento dei canali

L’insieme delle regole che definiscono un insieme di canali è detto raggruppamento di canali.

Su Google Analytics, infatti, è possibile definire più “set” di raggruppamenti di canali.

Ad esempio, potremmo creare un set di raggruppamento in cui tutte le sorgenti a pagamento vengono aggregate sotto l’unica etichetta “traffico a pagamento”; potremmo poi creare un altro set di raggruppamento in cui invece le sorgenti a pagamento vengono suddivise in maniera più granulare, es. “annunci sui motori di ricerca”, “pubblicità sui social”, ecc..

Avere diversi set di raggruppamenti di canali può essere utile quando vogliamo analizzare i dati (o creare report per i nostri colleghi o capi) con diversi livelli di dettaglio.

Google Analytics ci fornisce un raggruppamento di default, che è quello che vediamo nello screenshot precedente.

Nel raggruppamento di default sono definite le seguenti etichette di aggregazione, i cui relativi criteri sono riportati qui:

Raggruppamento di canali predefinito su Google Analytics

Raggruppamento di canali predefinito su Google Analytics

Queste regole possono essere visualizzate (ed eventualmente modificate, anche se non è consigliabile! Vediamo fra poco come impostare le nostre regole personalizzate) nella sezione di amministrazione, tra le impostazioni “Raggruppamento canali” a livello di vista.

Come creare un nuovo raggruppamento di canali

Per creare un nuovo raggruppamento di canali, basta andare nella sezione di amministrazione –> selezionare la vista –> Impostazioni di canale –> raggruppamento canali.

Personalmente, per evitare di dover ricreare tutti i criteri da zero, trovo conveniente cliccare su “Copia” a partire dal “Default channel grouping” e andare poi a modificare / aggiungere le nuove regole:

Elenco dei raggruppamenti canali nella sezione di amministrazione di Google Analytics

Elenco dei raggruppamenti canali nella sezione di amministrazione di Google Analytics

Opzioni del menu a tendina del raggruppamento canali

Opzioni del menu a tendina del raggruppamento canali

Nel seguente screenshot di esempio, vado ad aggiungere un criterio al canale “Email” in modo da includere, oltre al criterio di default anche le sessioni che provengono da sorgenti che contengono il valore “mail” o “posta”:

Regola di definizione del canale personalizzato "Email"

Esempio di definizione del canale personalizzato “Email”

La cosa molto utile dell’utilizzo dei raggruppamenti di canali personalizzati è che i cambiamenti di queste regole sono retroattivi e non permanenti sui dati, e quindi posso andare ad analizzare dati vecchi con nuovi criteri personalizzati di aggregazione del traffico.

Le modifiche al raggruppamento di default invece sono permanenti sui dati e non retroattive, e quindi saranno attive solo sui dati raccolti dalla modifica in poi, e una volta raccolti non sarà possibile cambiare il valore del loro canale associato.

Ulteriori informazioni sui canali e su come crearli le potete trovare qui: https://support.google.com/analytics/answer/6010097?hl=it&ref_topic=6010089

Spero sia tutto chiaro! 🙂 Per qualsiasi dubbio lasciate un commento o scrivetemi via email.

Un saluto e a presto!

Gabriele

 

 

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Cos’è la pagina di destinazione

Pagina di destinazione su Google Analytics

Su Google Analytics, la pagina di destinazione è la prima pagina che vede un utente che entra in un sito web.

I dati relativi alle pagine di destinazione si possono trovare nel rapporto Comportamento –> Contenuti del sito –> Pagine di destinazione.

La pagina di destinazione è una delle dimensioni di Google Analytics più importanti da analizzare, perchè ci permette di valutare la performance della prima pagina vista dagli utenti che entrano nel nostro sito:

spesso è la prima pagina vista che determina se gli utenti continueranno la navigazione oppure se abbandoneranno immediatamente il nostro sito.

Per questo, per valutare la performance di “prima impressione” delle diverse pagine di destinazione di un sito si analizza spesso una metrica importante: la frequenza di rimbalzo.

Esempio di rapporto Pagine di destinazione su Google Analytics

Esempio di rapporto Pagine di destinazione su Google Analytics

Come analizzare le pagine di destinazione

Analizzare le pagine di destinazione di un sito web è certamente una attività molto importante, perchè ci può aiutare ad ottimizzare significativamente il nostro sito, sotto diversi aspetti.

Innanzitutto, ci aiuta a capire quali sono le “porte di accesso” al nostro sito: la maggior parte degli utenti entra da poche pagine importanti (es. dalla homepage) oppure le entrate sono frammentate tra tante pagine, con ciascuna che apporta un piccolo contributo?

Ad esempio, nello screenshot qui sopra, vediamo come nel caso del nostro blog non vi sia una singola porta di accesso al sito ma, ad oggi, il grosso del traffico entra in maniera “sparpagliata” attraverso i singoli articoli pubblicati.

Vediamo però che la homepage (che in realtà è una splash page con la scelta della lingua) presenta una frequenza di rimbalzo molto elevata, quasi del 92%.

Questo vuol dire che in 9 sessioni su 10, gli utenti che entrano da questa pagina abbandonano il sito immediatamente.

Qui c’è quindi una area di possibile ottimizzazione e questa pagina meriterebbe un approfondimento di indagine… che vedremo di seguito.

L’importanza di aggiungere una seconda dimensione

La performance di una pagina di destinazione dipende certamente dalla qualità e dal contenuto della pagina, ma non solo… Può dipendere anche da altri fattori, quali ad esempio:

  • la motivazione degli utenti che sono entrati da quella pagina. Perchè sono entrati? Cosa stavano cercando? La pagina risponde alle loro esigenze?
  • la visualizzazione della pagina su diversi dispositivi (desktop, tablet, mobile). La pagina si vede bene su tutti i dispositivi, o invece ha problemi di visualizzazione su alcuni schermi, es. gli smartphone?

… e così via.

Per analizzare la pagina di destinazione è quindi sempre consigliabile aggiungere una dimensione secondaria, come negli screenshot seguenti.

Per analizzare la homepage problematica vista più sopra, aggiungiamo la dimensione secondaria “Categoria dispositivo“:

Rapporto pagina di destinazione con dimensione secondaria "categoria dispositivo", per il nostro blog

Rapporto pagina di destinazione con dimensione secondaria “categoria dispositivo”, per il nostro blog

Dallo screenshot qui sopra non ricaviamo molta informazione, se non che la quasi totalità del traffico entrato dalla homepage veniva da desktop.

Allora aggiungiamo la dimensione secondaria “sorgente / mezzo“, da cui finalmente capiamo il motivo della frequenza di rimbalzo così elevata! 🙂

Rapporto pagina di destinazione con dimensione secondaria "sorgente / mezzo", per il nostro blog

Rapporto pagina di destinazione con dimensione secondaria “sorgente / mezzo”, per il nostro blog

La frequenza di rimbalzo elevata è evidentemente causata da traffico “finto” di spam (qui c’è un articolo che ne parla), perchè i dati riportati per molte sorgenti nello screenshot sono palesemente impossibili (100% nuovi utenti e 100% frequenza di rimbalzo).

Capito questo possiamo, da ora in poi, eliminare questi dati di spam con un apposito filtro sulla vista.

Differenza fra pagina di destinazione e URL di destinazione

Su Google Analytics, nei rapporti relativi a Google AdWords, viene riportata la dimensione “URL di destinazione“. Anche se sembrano simili, c’è una differenza con la dimensione “Pagina di destinazione“.

Infatti, URL di destinazione è un dato registrato da AdWords, non da Google Analytics, e rappresenta la URL di destinazione dei nostri annunci pubblicitari impostata sul pannello di AdWords.

Questa URL non necessariamente coincide con la Pagina di destinazione misurata da Google Analytics.

Questo capita, ad esempio, quando sul sito è impostato un redirect automatico, che trasferisce immediatamente l’utente dalla URL di destinazione dell’annuncio ad un’altra pagina del sito, che sarà quella che effettivamente verrà tracciata come pagina di destinazione da Google Analytics.

Grazie a questa informazione possiamo spesso debuggare problemi di tracciamento di Google Analytics delle nostre campagne AdWords, ad esempio quando click e sessioni non coincidono. Ma di questo ne parleremo in un altro articolo…

Per adesso è tutto! 🙂 Per qualsiasi dubbio lasciate un commento qui sotto o scrivetemi via email.

Un saluto e a presto!

Gabriele

 

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Cosa sono le dimensioni

Copertina dell'articolo Le dimensioni su Google Analytics

Su Google Analytics ci imbattiamo spesso nella parola “dimensione”. Cosa è una dimensione?

Le dimensioni su Google Analytics sono gli elementi su cui GA misura delle quantità numeriche.

Ad esempio, sono dimensioni: le pagine del nostro sito, le sorgenti che hanno portato traffico sul nostro sito, i canali di traffico, le città da cui gli utenti hanno visitato il nostro sito, le categorie di dispositivo con cui gli utenti hanno visitato il sito (es. desktop, tablet e mobile), la tipologia di visitatore (es. visitatori nuovi e di ritorno), ecc.

Ognuna di queste dimensioni può assumere  valori diversi e, per ogni valore, Google Analytics misura delle quantità. Per spiegare questo concetto, è meglio però procedere subito con un esempio.

Esempio di dimensione: la categoria dispositivo

Una dimensione che si analizza frequentemente su Google Analytics è la categoria dispositivo. Si può trovare nel rapporto Pubblico –> Mobile –> Panoramica.

Come si capisce dal nome, questa dimensione rappresenta la categoria del dispositivo da cui gli utenti hanno visitato il nostro sito. Questa dimensione può assumere tre valori:

  • desktop
  • tablet
  • mobile
Esempio di dimensione per il rapporto Categoria dispositivo

Esempio di dimensione per il rapporto Categoria dispositivo

Nei rapporti su Google Analytics, la dimensione, con i valori che assume, viene riportata nella prima colonna della tabella.

Per ciascuno dei valori della colonna, Google Analytics misura una serie di quantità, chiamate metriche, che sono riportate nelle colonne successive (vedi l’articolo dedicato): es. le sessioni, la % nuove sessioni, i nuovi utenti, la frequenza di rimbalzo, ecc.

Nello screenshot qui sopra, leggiamo la tabella come segue:

  • da desktop, nel periodo selezionato, abbiamo avuto 645.588 sessioni; da mobile 283.986 sessioni; da tablet 132.687 sessioni
  • da desktop, il 44,24% delle sessioni era composto da nuovi utenti; da mobile, il 51,92%; da tablet, il 47,83%.

… e così via.

La scomposizione di un report in questa forma, dimensione + metriche, ci permette di confrontare la performance rispetto ai diversi valori di una dimensione: nell’esempio, possiamo quindi capire che da mobile mediamente gli utenti navigano il sito meno in profondità (2,73 pagine per sessione) rispetto agli altri device (3,97 pagine da desktop e 3,59 da tablet), e capita più spesso che abbandonino il sito immediatamente dopo aver visto la prima pagina (la frequenza di rimbalzo è 59,94% da mobile, contro 47,47% da desktop e 50,48% da tablet).

Su Google Analytics, ogni report si focalizza su una certa dimensione (es. la categoria dispositivo), che è rappresentativa di un determinato aspetto del sito (es. l’usabilità del sito rispetto ai diversi tipi di device da cui è fruito), e che ci permette di capire come sta funzionando quell’aspetto (es. il nostro sito si vede bene da mobile, o va ottimizzato?).

Quindi, ad esempio:

  • nel report Acquisizione –> Canali ci focalizzeremo sulla dimensione “canali” di acquisizione del traffico
  • nel report Comportamento –> Contenuti –> Tutte le pagine analizzeremo la performance per la dimensione “pagine” del sito
  • nel report Pubblico –> Dati geografici –> Località vedremo i dati per la dimensione “paese” di proveniena dell’utente (o regione, o città…)

e così via.

Dimensione principale e dimensione secondaria

Spesso, per poter capire cosa sta succedendo nel nostro sito, dobbiamo analizzare l’interazione tra più elementi del nostro sito, ovvero tra più dimensioni.

Ad esempio, per capire come si comporta il sito per le diverse categorie dispositivo, dobbiamo metterle in relazione anche con la pagina di entrata degli utenti, perchè la performance effettiva dipende da come le singole pagine vengono visualizzate su ciascun dispositivo.

Su Google Analytics, possiamo fare questo tipo di analisi aggiungendo una dimensione secondaria.

In altre parole, vogliamo che le metriche siano aggregate per due dimensioni, come nel seguente screenshot:

Esempio di dimensione secondaria

Esempio di dimensione secondaria

Il report mostrato nello screenshot qui sopra si legge così:

  • nel periodo considerato, 968 sessioni sono arrivate da desktop, entrando dall’articolo “visualizzazioni di pagina”. Queste sessioni erano per il 95,97% effettuate da nuovi visitatori, hanno avuto una frequenza di rimbalzo del 40,70%, ecc.
  • 950 sessioni sono arrivate da desktop, entrando dall’articolo “visitatori unici”, hanno avuto una frequenza di rimbalzo del 44,42%, ecc.
  • 886 sessioni sono arrivate da desktop, entrando dall’articolo “sorgenti e mezzi di traffico”, hanno avuto una frequenza di rimbalzo del 50,34%, ecc.

…e così via.

Dallo screenshot non si vede, ma scendendo più in basso nella tabella vedremmo anche le sessioni da mobile (sempre splittate per pagina di entrata) e da tablet (idem).

Oltretutto, la riga 6 della tabella mostra una possibile area di ottimizzazione per il sito, ovvero una pagina che da desktop ha una frequenza di rimbalzo del 87,90%: in quasi 9 sessioni su 10 da desktop, gli utenti entrano da questa pagina e abbandonano subito il sito.

 

Su Google Analytics, la dimensione nella prima colonna si chiama dimensione principale; quella nella seconda colonna si chiama dimensione secondaria.

 

Come aggiungere una dimensione secondaria

Per aggiungere una dimensione secondaria in un report, clicchiamo sul menu a tendina “Dimensione secondaria” e selezioniamo la dimensione aggiuntiva che vogliamo aggiungere (nel nostro esempio, la dimensione secondaria che dobbiamo selezionare si chiama “Pagina di destinazione”).

Esempio di aggiunta dimensione secondaria

Esempio di aggiunta dimensione secondaria

Per selezionare la dimensione, possiamo scorrere l’elenco delle diverse dimensioni disponibili (i rettangoli verdi) oppure iniziare a scrivere il nome della dimensione desiderata (dobbiamo ovviamente imparare come si chiamano le dimensioni di utilizzo più frequente; le scriverò in uno dei prossimi post).

Per adesso è tutto! Spero di aver scritto tutto in maniera chiara, ma per qualsiasi dubbio lasciatemi un commento o scrivetemi via email.

Un saluto e a presto, 🙂

Gabriele

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Cosa sono le metriche

Copertina dell'articolo Le metriche su Google Analytics

Su Google Analytics si parla spesso di metriche. Ma che vuol dire questo termine? Cosa sono le metriche?

Su Google Analytics, le metriche sono tutte le quantità che GA misura rispetto ad un sito web (o rispetto ad una app mobile, o a qualsiasi altra piattaforma digitale).

Ad esempio, sono metriche: le sessioni, le visualizzazioni di pagina, il numero di utenti, la frequenza di rimbalzo, il tempo di permanenza, ecc.

Nel rapporto Pubblico –> Panoramica troviamo i valori delle principali metriche di traffico e di navigazione, misurati sul periodo selezionato; quelle che vedete nello screenshot seguente sono proprio queste metriche:

Esempio di metriche su Google Analytics

Esempio di metriche su Google Analytics

In generale, su Google Analytics, le metriche che vediamo in ciascun rapporto dipendono dall’elemento di cui vogliamo analizzare la performance (l’elemento si definisce “dimensione”).

Esempio: le metriche nel rapporto Canali

Ad esempio, nel rapporto Acquisizione -> Canali, vogliamo misurare la performance della dimensione “Canali” di acquisizione del traffico.

Troveremo quindi una prima colonna in cui sono riportati i nomi dei diversi canali che hanno portato traffico sul nostro sito (ovvero: tutti i valori della dimensione “canali”); e una serie di altre colonne, contenenti le metriche, cioè le quantità che misuriamo per ciascun canale:

Esempio di metriche per canale di traffico

Esempio di metriche per canale di traffico

Perchè vediamo proprio queste metriche? Come valutiamo la performance di un canale di traffico?

Per valutare la performance di un canale di traffico, noi tipicamente vogliamo sapere quanto traffico ci ha portato sul sito (la metrica sessioni), se ci sta portando nuovi utenti (la metrica nuovi utenti) e in che percentuale sul totale del suo traffico (% nuove sessioni).

Vogliamo sapere se questo traffico era interessato ai contenuti del nostro sito o se invece lo ha abbandonato subito dopo (metriche frequenza di rimbalzo, pagine per sessione e durata sessione media).

E poi, ovviamente, vogliamo sapere quante conversioni ci ha portato il canale (ultime tre colonne, contenenti le metriche relative alle conversioni).

Esempio 2: le metriche nel rapporto Tutte le pagine

Se, invece, ci spostiamo in un altro rapporto, come ad esempio Contenuti –> Contenuti del sito –> Tutte le pagine, Google Analytics ci mostrerà la prima colonna contenente le URL delle varie pagine del nostro sito (la dimensione “Pagina”) e una serie di colonne con le metriche:

Esempio di metriche per il rapporto Tutte le pagine

Esempio di metriche per il rapporto Tutte le pagine

Queste metriche sono diverse da quelle che abbiamo visto per i canali, perchè sono quelle che ci servono per analizzare la performance di un elemento diverso: le pagine del nostro sito.

In particolare, di ciascuna pagina del nostro sito, vogliamo sapere quante volte è stata vista (la metrica visualizzazioni di pagina), e in quante sessioni è stata vista almeno una volta (visualizzazioni di pagina uniche)

Vogliamo sapere quanto tempo, in media, gli utenti hanno trascorso su quella pagina (tempo medio sulla pagina).

Vogliamo sapere quante sessioni hanno avuto inizio da quella pagina (accessi) e, per queste sessioni di accesso, quante hanno poi abbandonato immediatamente il sito (frequenza di rimbalzo).

Vogliamo poi sapere quante volte quella pagina è stata l’ultima vista prima di abbandonare il sito, rispetto al numero totale di volte che la pagina è stata vista (% uscita).

E vogliamo stimare il valore economico portato da quella pagina al nostro business (valore pagina).

L’andamento di una metrica

Le metriche possiamo anche analizzarle rispetto al loro andamento nel tempo, guardando il grafico di trend presente nella maggior parte dei rapporti di Google Analytics.

Esempio di trend delle sessioni su Google Analytics

Esempio di trend delle sessioni su Google Analytics

Con il menu a tendina in alto a sinistra possiamo scegliere la metrica di cui visualizzare il trend (es. sessioni, frequenza di rimbalzo, utenti, ecc.) e, volendo, anche sovrapporre l’andamento di una seconda metrica.

Poi, con i pulsanti in alto a destra, possiamo scegliere la scala temporale di ciascun “pallino” del grafico: giornaliera, settimanale o mensile (o addirittura oraria, ma solo nei rapporti di tipo “Panoramica”).

Abbiamo visto una panoramica sul concetto di metrica applicato a Google Analytics, spero sia tutto chiaro! Per qualsiasi dubbio, lasciate un commento qui sotto o scrivetemi via email.

Un saluto e a presto!

Gabriele

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Frequenza e Recency

Frequenza e Recency su Google Analytics

Frequenza e Recency su Google Analytics

Il rapporto Frequenza e Recency, su Google Analytics, ti aiuta a capire quanto spesso gli utenti tornano sul tuo sito (o, in altre parole, il livello di fidelizzazione al sito).

Il rapporto è diviso in due tab:

  • un primo tab, Numero di sessioni, che riporta la frequenza di ritorno sul sito (di seguito spiego meglio che vuol dire)
  • un secondo tab, Giorni dall’ultima sessione, che indica quanto sono recenti le visite, rispetto all’ultima visita fatta dagli utenti

Non è uno dei rapporti più semplici da interpretare su Google Analytics, ma spero che leggendo questo articolo le cose potranno esserti più chiare.

Rapporto relativo alla frequenza

Per capire meglio il rapporto relativo alla frequenza, vediamo subito uno screenshot di esempio. Nello screenshot ci troviamo nel primo tab, Numero di sessioni.

Esempio del rapporto frequenza e recency su Google Analytics

Esempio di rapporto frequenza su Google Analytics

Leggiamo insieme la seconda colonna, Sessioni, per le prime righe. Di tutte le 1.047 sessioni che abbiamo registrato nel periodo:

  •  764 sessioni costituivano la prima visita al sito degli utenti (se passiamo il mouse sopra la barra blu, vediamo la stessa informazione in valore percentuale: 73%)
  • 114 sessioni costituivano la seconda visita al sito degli utenti
  • 35 sessioni la terza
  • e così via

Ad esempio, se sul nostro sito avessimo avuto un solo utente, venuto una prima volta sul sito ieri, e tornato una seconda volta oggi, vedremmo nella colonna sessioni: 1 nella prima riga;  1 nella seconda riga; tutti zeri nelle righe successive.

Tornando al nostro screenshot, la colonna Visualizzazioni di pagina, invece, si legge così:

  • nelle 764 sessioni che costituivano la prima visita al sito, sono state generate 2.840 visualizzazioni di pagina
  • nelle 114 sessioni che costituivano la seconda visita al sito, sono state generate 386 visualizzazioni di pagina
  • e così via.

Come interpretare il rapporto sulla frequenza

Il rapporto frequenza ti fa capire se il livello di “fidelizzazione” degli utenti che visitano il tuo sito. Ad esempio, facciamo due casi estremi:

  • un grafico molto spostato verso l’alto indica che hai un traffico poco fidelizzato, perchè la maggior parte delle tue visite sono costituite da utenti che hanno fatto solo una visita. In altre parole, gli utenti visitano il sito solo una volta e poi non tornano più.
  • invece, un grafico distribuito verso il basso indica che hai un traffico molto fidelizzato, perchè è formato soprattutto da utenti che sono tornati molte volte sul sito.

La parte relativa alle visualizzazioni di pagina ti aiuta a capire in quale numero di visita vengono generate la maggior parte delle visualizzazioni di pagina.

Ad esempio, quando vengono viste più pagine, nelle prime visite o in quelle successive?

Il rapporto relativo alla Recency

Il rapporto Recency si legge sostanzialmente in modo simile, solo che cambia il significato della prima colonna, che indica quanti giorni sono passati dall’ultima visita al sito da parte dell’utente.

Esempio di rapporto Recency su Google Analytics

Esempio di rapporto Recency su Google Analytics

Quindi, ad esempio, leggiamo insieme le prime righe. Di tutte le 1.047 sessioni registrate nel periodo:

  • per 936 sessioni, la visita precedente era avvenuta il giorno stesso. In questa fascia, vengono incluse anche le sessioni che costituivano le prime visite al sito (che, ovviamente, non hanno visite precedenti).
  • per 37 sessioni, la visita precedente era avvenuta il giorno prima
  • per 17 sessioni, la visita precedente era avvenuta 2 giorni prima
  • e così via

Per quanto riguarda la colonna Visualizzazioni di pagina:

  • nelle 936 sessioni in cui la visita precedente era avvenuta il giorno stesso, sono state generate 3.660 visualizzazioni di pagina
  • nelle 37 sessioni in cui la visita precedente era avvenuta il giorno stesso, sono state generate 160 visualizzazioni di pagina
  • e così via

Come interpretare il rapporto sulla Recency

Concretamente, questo rapporto ti aiuta a capire la distanza temporale tra le visite al tuo sito. Ad esempio:

  • se il grafico è molto spostato verso l’alto, vuol dire che la maggior parte delle sessioni registrate da Google Analytics sono avvenute nel giro di pochi giorni dall’ultima visita degli utenti. In altre parole, gli utenti sono venuti sul sito un giorno, poi magari sono tornati il giorno dopo, e poi non sono più tornati.
  • Se il grafico è molto spostato verso il basso, vuol dire che la maggior parte delle sessioni sono state effettuate da utenti che sono venuti sul sito molto saltuariamente. Ad esempio, gli utenti sono venuti sul sito un giorno, ma magari la loro visita precedente era stata 20 giorni prima.

Considerazioni sul rapporto Frequenza e Recency

Questo rapporto generalmente non è di interpretazione immediata, e per trarne delle informazioni utili a capire il comportamento degli utenti secondo me è consigliabile utilizzare contemporaneamente dei segmenti avanzati, per cercare di analizzare i dati in base ai diversi segmenti di utenza.

Ad esempio: gli utenti che sono tornati sul sito almeno 3 volte (condizione sul segmento avanzato), come hanno la distribuzione di recency? Gli utenti di questo segmento sono tornati in maniera ravvicinata nel tempo o in maniera saltuaria?

E così via.

Questo articolo si conclude qui, per qualsiasi dubbio o domanda non esitare a scrivermi.

Un saluto e buona giornata! 🙂

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Percentuale di Uscita

Percentuale di uscita su Google Analytics

Cos’è la percentuale di uscita su Google Analytics

Su Google Analytics, la percentuale di uscita per una pagina misura la percentuale di volte, sul totale delle sue visualizzazioni, in cui quella pagina è stata l’ultima ad essere vista prima dell’abbandono del sito.

Ad esempio, se la pagina /chi-siamo.html ha generato 50 visualizzazioni, e in 25 di queste l’utente è poi uscito dal sito (ovvero, /chi-siamo.html è stata l’ultima pagina ad essere stata vista nella sessione), la percentuale di uscita per la pagina /chi-siamo.html è 50% (25 / 50 * 100).

Su Google Analytics, la percentuale di uscita della pagina A è calcolata come:

Numero di uscite dal sito dalla pagina A / Numero di visualizzazioni della pagina A * 100

Lo possiamo facilmente vedere passando il mouse sul punto interrogativo relativo alla metrica % Uscita (meglio sulla versione inglese, dove la spiegazione è più chiara):

Screenshot della spiegazione di %Exit sul pannello di Google Analytics

Screenshot della spiegazione di %Exit sul pannello di Google Analytics

La percentuale di uscita, poichè riguarda le pagine del sito, puoi trovarla nei rapporti “Comportanento” > “Contenuti del sito”, ad esempio “Comportamento” > “Contenuti del sito” > “Pagine di uscita”

Esempio di pagine di uscita su Google Analytics

Esempio di pagine di uscita su Google Analytics

Differenza tra percentuale di uscita e frequenza di rimbalzo

La frequenza di rimbalzo e la percentuale di uscita vengono spesso confuse. Puoi chiarire facilmente la differenza, confrontando le due definizioni:

  • La frequenza di rimbalzo per una pagina A è definita come la percentuale di sessioni in cui gli utenti sono entrati sul sito dalla pagina A e hanno poi abbandonato immediatamente il sito, senza vedere altre pagine o effettuare azioni (tracciate).
  • La percentuale di uscita per una pagina A, come abbiamo visto sopra, è invece la percentuale di visualizzazioni di quella pagina in cui è risultata l’ultima pagina vista nella sessione

Come interpretare la percentuale di uscita

La percentuale di uscita ti aiuta a capire se una pagina sta svolgendo bene la sua funzione, oppure no.

Ad esempio, immagina di essere il proprietario di un sito e-commerce. Tra le varie pagine del tuo sito, vi sarà sicuramente la pagina /cart/, nella quale vengono riepilogati tutti i prodotti aggiunti a carrello dall’utente, e da cui viene avviato il processo di checkout.

Qual’è la funzione della pagina /cart/?

La funzione primaria è certamente quella di far proseguire l’utente verso il checkout, oppure di fargli continuare lo shopping verso altri prodotti che potrebbero interessarlo.

Di certo, non vuoi che l’utente abbandoni il sito dalla pagina /cart/. In termini di “KPI” della pagina, tu vuoi che la percentuale di uscita per la pagina /cart/ sia più bassa possibile.

Se per ipotesi vedessi, per la pagina /cart/, una percentuale di uscita dell’80%, vorrebbe dire che su 100 volte che viene visualizzato il carrello, 80 volte l’utente subito dopo ha abbandonato il tuo sito.

Se ritieni che una percentuale di uscita dell’80% per la pagina /cart/ sia troppo elevata, dovresti allora lavorare per ottimizzare la pagina e abbassare il valore di questo indicatore.

Nota: non per tutte le pagine una percentuale di uscita alta è necessariamente una cosa negativa. Potrebbero esserci delle pagine, ad esempio, da cui è ragionevole immaginare che l’utente concluda la navigazione.

Ad esempio, è ragionevole immaginare che la thank-you page di acquisto possa avere una percentuale di uscita elevata.

Come dice il guru di analytics, Avinash Kaushik: da qualche parte la sessione dell’utente dovrà pure terminare! 🙂

Come abbassare la percentuale di uscita

Per abbassare la percentuale di uscita di una pagina, dovresti innanzitutto definirne in maniera chiara la sua funzione, il suo scopo. Ad esempio, poco sopra abbiamo definito la funzione primaria per la pagina /cart/ di un e-commerce.

Una volta definita la funzione della pagina, ti chiedi:

in questa pagina, quali sono gli ostacoli che impediscono all’utente di proseguire, rispetto allo scopo per cui la abbiamo pensata?

Ad esempio, nella pagina /cart/, una ipotesi di ostacolo potrebbe essere una “call to action” poco chiara che impedisce agli utenti di proseguire facilmente verso il checkout.

Come passo successivo potresti quindi avviare un A/B test, e mostrare randomicamente agli utenti versioni alternative della pagina /cart/, in cui gli elementi di ostacolo che hai ipotizzato vengono variati.

Monitorando gli indicatori di performance della pagina durante il test, tra cui la percentuale di uscita, puoi capire a quale delle versioni testate è associato il valore migliore, ed eventualmente metterla definitivamente in produzione.

Altre risorse sull’argomento

Ai seguenti link puoi trovare alcune risorse di approfondimento:

Questo articolo è giunto al termine. Spero che sia stato utile, per qualsiasi dubbio o domanda non esitare a scrivermi.

Un saluto e ti auguro una buona giornata! 🙂

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A che serve Google Analytics?

Questa è la prima puntata di una serie di tutorial su Google Analytics.

In questa prima puntata andremo a vedere a cosa serve Google Analytics, e perché ci può essere molto utile. Tutte le puntate sono disponibili in video, podcast e su questo blog.

Premessa: il dilemma del “Digital Marketer”

Innanzitutto, immaginiamo di essere i responsabili del team di digital marketing di una grossa azienda che vende libri online.

Il nostro obiettivo è quello di aumentare il fatturato derivante dalle vendite online. Ad esempio potremmo dover raggiungere un certo target di fatturato entro fine anno.

Per raggiungere il nostro obiettivo, abbiamo a disposizione una serie di leve di digital marketing: SEM, SEO, Social Media Marketing, Email Marketing, Affiliazione, ecc.

Le leve del Digital Marketing

Le leve del Digital Marketing

Tuttavia, generalmente le nostre risorse sono limitate: ad esempio, abbiamo un budget mensile massimo che possiamo spendere, o un numero limitato di risorse umane a cui affidare le attività, o il nostro tempo personale è limitato.

Non possiamo quindi fare tutto: dobbiamo effettuare delle scelte, tra le tante leve di digital marketing che abbiamo a disposizione.

Investire in SEM…

Ad esempio, potremmo investire in Search Engine Marketing (SEM), e cercare di mostrare i nostri annunci a pagamento ad utenti che cercano sui motori di ricerca (es. su Google) parole tipo “negozi di libri online” oppure “acquisto libri online” “vendita libro harry potter”, e così via.

Quando l’utente clicca un nostro annunci, verrebbe indirizzato sul nostro sito e noi pagheremmo il click sull’annuncio.

Esempio di annunci SEM su Google con AdWords

Esempio di annunci SEM (AdWords) su Google

… o investire in SEO?

Oppure potremmo investire in Search Engine Optimization (SEO) ed effettuare una serie di attività per fare in modo che il nostro sito appaia nelle prime posizioni sui motori di ricerca tra i risultati non a pagamento (i cosiddetti risultati “organici”), quando gli utenti cercano parole chiave in target rispetto al nostro prodotto.

Esempio di risultati organici su Google

Esempio di risultati organici su Google

Ad esempio, una attività potrebbe essere aprire una sezione blog sul nostro sito, in cui potremmo pubblicare degli articoli periodici in tema rispetto al prodotto che vendiamo (es. recensione dei migliori 10 libri del periodo, oppure la biografia di autori famosi), in modo che quando un utente cerca un argomento di cui noi abbiamo parlato (es. “biografia di Stephen King”), il nostro articolo compaia tra i risultati non a pagamento nella pagina dei risultati del motore di ricerca.

In questa maniera potremmo attrarre utenti che non stanno cercando direttamente il nostro prodotto, ma che potrebbero essere comunque potenzialmente interessati.

Il costo di questa attività di blogging sarebbe per noi ovviamente il costo (o il tempo) necessario alla produzione e pubblicazione dei contenuti sul blog.

E i Social Network?

Un’altra possibilità potrebbe essere investire sui Social Network. Ad esempio potremmo aprire una fanpage su Facebook, e pubblicare una serie di contenuti periodici che verrebbero visti dai nostri fan (le persone che hanno messo “like” alla pagina) e, se i contenuti vengono condivisi, dai loro amici, dagli amici degli amici, ecc. Il costo di questa attività sarebbe di nuovo la produzione e pubblicazione dei contenuti sui nostri canali social.

Esempio di Fanpage di Amazon.it

Esempio di Fanpage di Amazon.it

Potremmo anche investire in annunci a pagamento sui Social Network, pubblicando ad esempio dei banner o dei “post sponsorizzati” su Facebook che verrebbero visti dagli utenti nel loro profilo.

Il costo in questo caso sarebbe di nuovo associato agli annunci pubblicati (es. in base al numero di “impressioni” degli annunci o dei click che abbiamo ricevuto).

Potremmo anche ottimizzare il nostro sito web!

Anche l’ottimizzazione del nostro sito web potrebbe aiutarci ad aumentare le vendite e a raggiungere il nostro obiettivo di fatturato.

La versione mobile della homepage di Amazon.it

La versione mobile della homepage di Amazon.it

Ad esempio, potremmo impiegare una parte del budget per migliorare il nostro sito, realizzando un layout accattivante o rendendolo molto semplice da utilizzare.

Potremmo anche ottimizzarlo per mobile, in modo che sia facilmente fruibile su uno schermo piccolo come quello di uno smartphone.

In questo caso, il costo sarebbe del web designer che realizza la grafica del nuovo layout, e del web developer che lo implementa sul sito vero e proprio.

Questi sono solo alcuni esempi, ma le possibili leve di Digital Marketing, che possiamo muovere per raggiungere il nostro obiettivo, sono tantissime.

Ed è chiaro che quando spendo del budget o del tempo su una attività, quei soldi e quel tempo non li sto spendendo su tutte le altre attività.

Come fare quindi una scelta efficace di allocazione delle nostre risorse? E come facciamo a capire se la scelta effettuata ci sta portando i risultati attesi, e ci sta facendo avvicinare al nostro obiettivo?

Google Analytics ci aiuta a prendere decisioni efficaci

Google Analytics è uno strumento che ci permette di raccogliere ed analizzare i dati provenienti dal nostro sito web (in realtà anche da app mobile, o da qualsiasi dispositivo digitale connesso ad internet).

L’analisi di questi dati ci è indispensabile per poter prendere decisioni efficaci su quali leve di Digital Marketing utilizzare e anche per valutare l’efficacia di decisioni già prese.

Come funziona Google Analytics (in brevissimo)

Dopo aver creato un nuovo account su Google Analytics, ci viene fornito un codice, che dobbiamo inserire in tutte le pagine del nostro sito.

Quando un utente entra sul nostro sito, il codice inserito viene eseguito e una serie di dati relativi all’utente (es. città di provenienza, lingua, dispositivo, browser, ecc.) e alla sua navigazione (es. quali pagine del sito ha visto) vengono inviati a Google Analytics.

Noi possiamo poi analizzare questi dati ed estrarre informazioni utili per prendere decisioni di marketing efficaci.

Un esempio concreto: il mio sito web “Incidi!”

Vediamo un esempio di dati di un sito web reale e come Google Analytics ci può aiutare a prendere delle decisioni.

Nel 2007 avevo lanciato Incidi!, un servizio per gli artisti indipendenti rimasto attivo fino al 2011, che permetteva di vendere la musica online attraverso il sito di Incidi! e altri canali (es. iTunes Store).

Incidi! guadagnava sia sulle quote di iscrizione al servizio pagate dagli artisti, sia grazie ad una percentuale sulla musica venduta attraverso i canali di Incidi!. Io, come proprietario del servizio, ero quindi interessato a far iscrivere più artisti possibile e a vendere più musica possibile.

I dati di Incidi! su Google Analytics

In questa schermata, vedete i dati del sito di Incidi! relativi alle sorgenti di traffico, ovvero: quali erano le fonti di traffico che portavano gli utenti sul sito. Ad esempio: Google, Facebook, YouTube, altri siti, ecc.

Esempio di report Sorgente / Mezzo su Google Analytics

Esempio di report Sorgente / Mezzo su Google Analytics

Nella seconda colonna, quella delle sessioni, vediamo quindi le visite al sito che sono state portate da ciascuna sorgente di traffico.

Per promuovere il mio sito verso gli artisti io  infatti effettuavo una serie di attività promozionali, ad esempio:

  • Avevo un blog sul sito, su cui pubblicavo periodicamente degli articoli su come promuovere la musica indipendente. Questi articoli si indicizzavano su Google e portavano utenti potenzialmente interessati al mio servizio
  • Avevo creato una fanpage su Facebook su cui pubblicavo periodicamente degli aggiornamenti e dei contenuti promozionali, e la stessa cosa facevo anche sul canale di Incidi! su YouTube
  • Effettuavo delle attività di Forum Marketing, partecipando a discussioni di artisti che si chiedevano come vendere la musica online e come promuoverla. Ad esempio uno di questi forum era macitynet.it

Approssimativamente, possiamo ipotizzare che il numero di visite portate da ciascun canale fosse proporzionale al tempo che spendevo per promuovermi su quel canale.

La domanda a questo punto è: su quale canale avrei dovuto spendere la maggior parte del mio tempo?

Primo esempio di analisi: identificare i canali promozionali più efficaci

Nell’ultima colonna dello screenshot precedente, vediamo quante iscrizioni di artisti sono state generate da ciascuna sorgente di traffico (le iscrizioni erano tracciate come obiettivi).

Ad esempio: un utente aveva cliccato uno degli articoli del blog apparsi nei risultati di Google, dopodichè si era iscritto al servizio. In questo caso, l’iscrizione è stata generata dalla sorgente di traffico Google.

Il numero “assoluto” di iscrizioni portato da un canale è però fortemente influenzato dal tempo che io spendevo per promuovermi su quel canale, quindi non è un parametro ideale per confrontare la performance dei diversi canali (su cui spendevo tempo diverso).

Per effettuare un confronto di performance tra i canali, ci conviene guardare la penultima colonna dello screenshot, ovvero il tasso di conversione rispetto alle iscrizioni. Questo numero esprime il numero medio di iscrizioni ogni 100 visite arrivate sul sito.

Con il tasso di conversione, posso confrontare il numero di iscrizioni generato dalle varie sorgenti a parità di visite portate.

Qual’è la sorgente che mi ha portato il maggior numero di iscrizioni a parità di visite?

  • Si vede che la riga 5, macitynet.it, è quella che ha registrato il tasso di conversione più elevato: questo canale ha portato 1,3 iscrizioni ogni 100 visite.
  • Al contrario, YouTube, su cui avevo inserito diversi video promozionali, ha registrato un tasso di conversione molto basso: questo canale ha portato 0,02 iscrizioni ogni 100 visite.

Dovendo scegliere su quale canali promozionali investire il mio tempo, dove avrei dovuto spenderlo per essere più efficiente? Ovviamente da questi dati sembrerebbe che Macitynet.it fosse la scelta più conveniente.

Ecco: Google Analytics ci aiuta a prendere questo tipo di decisioni e ci permette di utilizzare le nostre risorse (che generalmente sono limitate) nella maniera più efficiente rispetto ai nostri obiettivi.

E ci aiuta anche a rispondere a tanti altri tipi di domande, ad esempio:

– ci sono delle sezioni sul mio sito che non stanno funzionando correttamente, ad esempio da cui gli utenti escono spesso, senza concludere l’acquisto?

– quali sono i percorsi di navigazione più frequenti dagli utenti che acquistano sul mio sito?

Esempio di report Flusso di comportamento su Google Analytics

Esempio di report Flusso di comportamento su Google Analytics

– quali sono i segmenti di utenza per me più redditizi, su cui dovrei concentrare maggiormente le mie risorse e i miei sforzi promozionali?

– Quali sono tutti i canali promozionali che hanno contribuito a portare i miei utenti ad iscriversi? Es. molti utenti potrebbero non essersi iscritti subito alla prima visita, ma aver visitato il sito una prima volta venendo dalla mia pagina facebook, poi dopo qualche giorno da un risultato non a pagamento su google, poi da una mia email promozionale, e infine da un annuncio a pagamento su google, dopo il quale si sono iscritti al servizio.

Esempio di report multicanale su Google Analytics

Esempio di report multicanale su Google Analytics

Google Analytics mi aiuta a rispondere a queste e molte altre domande, e a prendere decisioni di marketing e di business efficaci.

Questa puntata del tutorial si conclude qui, per restare sempre aggiornati iscrivetevi alla newsletter, oppure seguitemi su Facebook, su Twitter o su LinkedIn.

Un saluto e a presto!

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Gli Obiettivi su Google Analytics

Cosa sono gli Obiettivi su Google Analytics?

Su Google Analytics, gli obiettivi sono la modalità principale che viene utilizzata per tracciare tutte le conversioni non e-commerce.

Il tracciamento delle azioni di conversione attraverso gli obiettivi è cruciale per il tuo business, ed è uno dei pilastri fondamentali di un buon tracciamento con Google Analytics.

Di default, Google Analytics non traccia gli obiettivi: per tracciare una azione di conversione come obiettivo devi effettuare una configurazione ad-hoc del pannello di Google Analytics (dalla sezione Amministrazione –> Viste –> Obiettivi).

Tuttavia, per effettuare questa configurazione, potrebbe essere anche necessario tracciare la medesima azione come “Evento“, e questo richiede l’inserimento di un codice di tracciamento sul sito.

Cosa misura esattamente un obiettivo

Un obiettivo è sostanzialmente un contatore, che conta le sessioni in cui si è verificata una specifica azione di conversione.

Ad esempio, immaginiamo che una azione di conversione sul nostro sito sia la registrazione al sito. Se abbiamo configurato questa azione come obiettivo su Google Analytics, ogni volta che viene tracciata una sessione in cui un utente si registra al sito, l’obiettivo “Registrazione al sito” incrementa di uno.

Se l’utente effettua la stessa azione di conversione più volte in una sessione, l’obiettivo viene comunque conteggiato solo una volta.

Inoltre, è possibile anche associare un valore economico ad ogni obiettivo. In questo modo, nei report di Google Analytics possiamo anche valutare il valore generato dalle conversioni che abbiamo tracciato come obiettivo.

Nello screenshot seguente vediamo le tre metriche principali che vengono calcolate sia per ogni obiettivo tracciato, sia in forma aggregata per tutti gli obiettivi.

Esempio di metriche associate agli obiettivi, visibili nel rapporto Conversioni --> Obiettivi --> Panoramica

Esempio di metriche associate agli obiettivi, visibili nel rapporto Conversioni –> Obiettivi –> Panoramica

Vantaggi degli obiettivi

I vantaggi di tracciare una conversione come obiettivo sono tanti, ma possiamo evidenziarne principalmente tre.

1 ) Quando una conversione viene tracciata come obiettivo, ne viene calcolato automaticamente il tasso di conversione

La misura del tasso di conversione è fondamentale per effettuare analisi con Google Analytics, perchè ci permette di confrontare la performance di elementi diversi di una dimensione (es. la performance di conversione per ciascun tipo di dispositivo: mobile, desktop e tablet) a parità di sessioni.

Ad esempio, nello screenshot sottostante: quali sono le città che, a parità di visite, generano la maggior parte delle azioni di Awareness sul sito? Dove ci converrebbe investire maggiormente, se volessimo massimizzare le azioni di Awareness a parità di sessioni?

Esempio: citta e obiettivi su Google Analytics

Esempio: citta e obiettivi su Google Analytics

2 ) Le metriche relative agli obiettivi sono visualizzate nella maggior parte dei rapporti su Google Analytics, nelle ultime tre colonne.

Come si vede dallo screenshot precedente, nelle ultime tre colonne del report vengono visualizzate le tre metriche:

  • Tasso di conversione all’obiettivo
  • Conteggio delle sessioni con obiettivo
  • Valore generato dalle sessioni con obiettivo

Queste tre metriche le troviamo quasi in tutti i report su Google Analytics, permettendoci così di valutare, in modo rapido, la performance di conversione rispetto a moltissime dimensioni, semplicemente spostandoci di rapporto su Google Analytics.

Ad esempio, possiamo valutare immediatamente la performance di conversione per:

  • campagne promozionali e tutte le dimensioni ad esse associate (es. tipo di annunci, keywords, ecc.)
  • canali di traffico
  • pagine di entrata sul sito
  • device
  • città di provenienza
  • browser
  • dimensioni customizzate di interesse per noi (es. segmenti di utenza)

3 ) Gli obiettivi, assieme alle transazioni e-commerce, compaiono come metriche nei rapporti multicanale.

I rapporti multicanale sono dei rapporti specifici su Google Analytics, che ci permettono di effettuare analisi approfondite sul valore effettivo che portano i nostri canali promozionali, e sul ruolo che svolgono nel processo di conversione degli utenti.

Ad esempio, con i rapporti multicanale possiamo valutare quanti e quali sono i canali di traffico che hanno portato gli utenti ad effettuare una certa azione di conversione, compresi i canali di prima interazione e interazioni intermedie.

Nello screenshot sottostante, vediamo i principali percorsi di conversione rispetto ad un certo obiettivo che abbiamo tracciato. Nella riga 3, due conversioni effettuate da utenti che sono provenuti sul nostro sito prima da ricerca organica e poi, successivamente, da una nostra campagna Email (e in questa seconda visita hanno convertito).

Con gli obiettivi, quindi, possiamo far emergere il valore di “assistenza alla conversione” portato del canale organico e da tutti gli altri canali.

Esempio di obiettivi visualizzati in un rapporto multicanale su Google Analytics

Esempio di obiettivi visualizzati in un rapporto multicanale su Google Analytics

Inoltre, con i rapporti Multicanale relativi al tempo alla conversione, e alle sessioni alla conversione, possiamo vedere quanto tempo e quante sessioni passano mediamente tra la prima visita al sito e il momento in cui avviene una conversione tracciata come Obiettivo:

Esempio di tempo alla conversione su Google Analytics

Esempio di tempo alla conversione su Google Analytics

Quali azioni devo tracciare come obiettivo?

Sicuramente è fondamentale tracciare come obiettivo su Google Analytics tutte le azioni di conversione non e-commerce.

Tuttavia, personalmente trovo molto utile tracciare come obiettivi anche le azioni di micro-conversione che avvengono sul nostro sito (come le azioni di Awareness), perchè  questo mi aiuta a comprendere in maniera approfondita come si comportano gli utenti su un sito e a prendere decisioni di marketing più efficaci.

Ad esempio, per un e-commerce generalmente traccio anche come obiettivo:

  • azioni di approfondimento sui prodotti
  • aggiunta di prodotti alla wishlist
  • aggiunta di prodotti a carrello
  • visualizzazione del carrello
  • avvio del checkout
  • registrazione al sito
  • iscrizione alla newsletter
  • … e altro, finchè non utilizzo tutti e 20 gli obiettivi

Si, infatti c’è un limite che va considerato in fase di design del tracciamento, ovvero:

Su una vista, si possono configurare al massimo 20 obiettivi.

Dato questo vincolo, io procedo nel seguente modo:

  1. innanzitutto determino una lista di azioni che vorrei tracciare come obiettivo, che in genere sono le azioni che ipotizzo essere maggiormente correlate con il processo decisionale di conversione dell’utente
  2. ordino questa lista di azioni per priorità decrescente rispetto alle mie esigenze di analisi, e seleziono le 20 più importanti, che configuro come obiettivi

Un altro tracciamento importante, e strettamente collegato agli Obiettivi, sono gli eventi, di cui puoi trovare qui il nostro articolo con la spiegazione dettagliata.

Quest’articolo è giunto al termine. Spero che sia stato utile, per qualsiasi commento, suggerimento o dubbio, non esitare a scrivermi.

Un saluto e buona giornata! 🙂

 

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Sorgenti e mezzi di traffico

Che vuol dire sorgente e mezzo di traffico?

Su Google Analytics, vengono spesso utilizzati i termini sorgente di traffico e mezzo di traffico.

Sorgente e mezzo sono due dimensioni che ti permettono di analizzare la provenienza delle visite al tuo sito.

Ad esempio, immaginiamo che il sito corriere.it contenga un link verso il tuo sito. Un utente, che si trova sul sito del corriere, clicca il link e visita il tuo sito.

Appena l’utente arriva sul tuo sito, Google Analytics avvia una sessione e vi associa due etichette, che ne definiscono la provenienza: la sorgente e il mezzo di traffico.

Cosa sono queste due etichette?

Definizione di sorgente e mezzo di traffico

Vediamo nel dettaglio la definizione di sorgente e mezzo di traffico per Google Analytics:

La sorgente di traffico identifica il “luogo” contenente il link che ha portato l’utente sul tuo sito.

Generalmente, questo “luogo” è il sito web da cui è provenuto l’utente. Ad esempio, potrebbero essere sorgenti di traffico: google.com, facebook.comcorriere.it, ecc..

Il mezzo di traffico, invece, è una etichetta che identifica la “tipologia” della sorgente che ha portato l’utente sul tuo sito.

Per esempio, tutte le visite al tuo sito provenienti da risultati non a pagamento su motori di ricerca (come google.comyahoo.com o bing.com), verranno associate al mezzo “organic”, che è l’etichetta comune a questo tipo di sorgenti.

In generale, quando un utente visita il tuo sito, Google Analytics analizza sempre la provenienza della visita e scrive i rispettivi valori per la sorgente e per il mezzo associati alla sessione.

Di default, Google Analytics utilizza 4 valori possibili per il mezzo:

  • organic = le visite da utenti provenienti da risultati non a pagamento visualizzati dai motori di ricerca (come Google, Yahoo, Bing, ecc.)
  • referral = le visite da utenti provenienti da link su siti esterni (es. corriere.it) che puntano al nostro sito
  • CPC = le visite provenienti da annunci a pagamento di tipo “costo-per-click” pubblicati con Google AdWords. Questi annunci possono essere pubblicati sia sui motori di ricerca (es. gli annunci a pagamento che trovi nei risultati di ricerca su Google), che sui siti esterni (es. i banner pubblicitari della rete display di Google AdWords).
  • diretto = le visite da parte di utenti che hanno digitato l’indirizzo del tuo sito direttamente nel browser e altri casi speciali che vediamo di seguito.

Caso speciale 1: il traffico diretto

A volte può capitare che l’utente entri sul tuo sito senza provenire da alcun sito web. Ad esempio, questo capita quando l’utente:

  • digita direttamente la URL del tuo sito nella barra di navigazione del suo browser
  • apre un segnalibro salvato nel suo browser
  • clicca un link su una email che ha aperto nel suo client di posta (es. Outlook Express, Thunderbird o Mail)
  • clicca un link all’interno di una app mobile

In tutti questi casi in cui non c’è sito web di provenienza per la visita dell’utente, per convenzione Google Analytics definisce di default:

– sorgente = direct

– mezzo = (none)

(secondo me avrebbe avuto più senso chiamare mezzo = direct e sorgente = (none), comunque… 🙂 )

Caso speciale 2: le campagne promozionali

Quando effettui campagne promozionali online, molto spesso pubblichi dei link all’esterno del tuo sito web e che puntano al tuo sito.

Ad esempio, sicuramente pubblichi link che puntano al tuo sito web:

  • nelle campagne SEM e Display
  • nelle campagne email (DEM o Newsletter)
  • nelle campagne sui social network (sia tramite advertising a pagamento che attività editoriali sulla tua fanpage)
  • nelle partnership con siti terzi o tramite network di affiliazione (es. Tradedoubler)
  • nelle brochure condivise su internet (es. tramite PDF scaricabili)
  • ecc.

In tutti questi casi, tu sei interessato a differenziare le visite provenienti dalle tue campagne promozionali dalle visite provenienti da traffico spontaneo.

Infatti, differenziare queste visite ti permette di capire quanto valore ti hanno portato le tue campagne (che di solito per te rappresentano un costo), e quindi di prendere decisioni future di ottimizzazione dei tuoi sforzi promozionali.

Di default, però, Google Analytics identifica come campagne promozionali solo le visite provenienti da Google AdWords (ricordati di collegare sempre l’account di AdWords a quello di Google Analytics!) e le etichetta con “cpc”.

Per tutte le altre visite, i valori di sorgente e mezzo vengono sempre scritti con i criteri visti sopra relativi al traffico spontaneo, a meno che tu non customizzi dei parametri aggiuntivi di tracciamento su ciascun link che pubblichi.

I parametri di tracciamento che puoi customizzare sono noti come parametri UTM, e li puoi aggiungere facilmente ai tuoi link promozionali con uno strumento come il nostro URL Builder.

E’ molto importante definire questi valori in maniera chiara per tutti, consistente e, in generale, che semplifichi il più possibile la fase di analisi sul pannello di Google Analytics.

Ad esempio, questi sono i valori di sorgente e mezzo che io trovo comodo usare per alcune tipologie di campagne:

Tipo campagna Sorgente Mezzo
Post editoriali su Facebook, Twitter, ecc. Dominio del social network (es. facebook.com) social-editor
Advertising a pagamento su Facebook, Twitter, ecc. Dominio del social network (es. facebook.com) social-cpc
Direct email marketing dem email
Newsletter newsletter email

 

Dove si trovano i dati relativi a sorgenti e mezzi di traffico

Nel pannello di Google Analytics, generalmente i dati relativi alle sorgenti di traffico si possono trovare nella sezione “Acquisizione” –> “Tutto il traffico” –> “Sorgente / Mezzo”.

Esempio di rapporto sorgente / mezzo su Google Analytics

Esempio di rapporto sorgente / mezzo su Google Analytics

Nello screenshot qui sopra, ad esempio, puoi vedere le visite provenute sul mio sito, in cui si distinguono immediatamente quelle da traffico spontaneo (organic, referral, direct), da quelle provenienti da mie attività promozionali (es. facebook.com / social-editor, generate dalla pubblicazione di post sulla mia fanpage facebook).

Aggregando i dati per “mezzo” (ovvero: cliccando sulla dimensione “Mezzo”, vedi screenshot seguente), puoi vedere in una unica tabella quali sono le tipologie di traffico che portano più visite al tuo sito e che ti portano più valore.

Le ultime tre colonne, infatti, che contengono le metriche relative all’e-commerce e agli Obiettivi, ti permettono di confrontare immediatamente i diversi mezzi di traffico rispetto al tasso di conversione relativo ad un tuo obiettivo (nel mio caso, l’acquisizione di lead).

Esempio di dati aggregati per mezzo su Google Analytics

Esempio di dati aggregati per mezzo su Google Analytics

Qui si conclude il nostro articolo su Sorgente e Mezzo su Google Analytics. Per qualsiasi commento, dubbio o domanda, non esitare a scrivermi.

Ti mando saluto e ci vediamo al prossimo post! 🙂

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Visitatori nuovi e di ritorno

Cosa sono i visitatori nuovi e di ritorno?

Su Google Analytics, una delle informazioni più interessanti è vedere quante visite sono state effettuate da visitatori nuovi e quante da visitatori di ritorno.

Un visitatore viene considerato “nuovo” se non ha mai visitato il sito in precedenza, mentre viene considerato “di ritorno” se ha già visitato il sito in precedenza.

Nel pannello di Google Analytics, la percentuale di visite effettuate da visitatori nuovi e di ritorno è riportata nella sezione “Pubblico” –> “Panoramica”, con una “torta” blu / verde (vedi lo screenshot qui sotto, parte di destra).

Percentuale di visite da parte di visitatori nuovi e di ritorno, screenshot di esempio

Percentuale di visite da parte di visitatori nuovi e di ritorno, screenshot di esempio

Il titolo di questa torta può generare confusione, perchè Google Analytics scrive “new visitors” e “returning visitors” e ciò potrebbe far pensare che le percentuali si riferiscano al numero di utenti nuovi e di ritorno che hanno visitato il sito, nel periodo selezionato.

Invece, questa torta riporta la percentuale di visite effettuate da parte di visitatori nuovi e di visitatori di ritorno, nel periodo selezionato.

In altre parole, le percentuali di questa torta si riferiscono al numero di visite effettuate da queste due tipologie di utenti nel periodo selezionato, non al numero di utenti nuovi e di ritorno che hanno visitato il sito.

Ad esempio, immaginando che il nostro sito oggi abbia ricevuto 4 visite da parte di uno stesso visitatore che in precedenza non aveva mai visitato il sito, noi su Google Analytics vedremo una torta con 25% delle visite da parte di nuovi visitatori (nella sua prima visita il visitatore è considerato “nuovo”), e 75% di visite da parte di visitatori di ritorno (nelle tre visite successive il visitatore è considerato “di ritorno”).

Dove si trovano i dati delle visite nuove e di ritorno

Se vogliamo valutare la performance del nostro sito rispetto ai visitatori nuovi e ai visitatori di ritorno, dobbiamo andare su “Pubblico” –> “Comportamento” –> “Nuovi e di ritorno”.

Confronto di performance tra visitatori nuovi e di ritorno. Screenshot di esempio.

Confronto di performance tra visitatori nuovi e di ritorno

Qui possiamo confrontare diverse metriche rispetto a questi due segmenti. Ad esempio, la frequenza di rimbalzo, le pagine per visita e la durata media della visita per le visite effettuate dai nuovi visitatori e dai visitatori di ritorno.

Questi tre parametri generalmente sono dei buoni indicatori della performance del nostro sito rispetto a ciò che si aspettano gli utenti da esso.

Ad esempio, se per i nuovi visitatori la frequenza di rimbalzo fosse elevata, e le pagine per visita e la durata media della visita fossero basse, potrebbe essere una indicazione che il nostro sito non li ha interessati a sufficienza per proseguire la navigazione.

In questo caso, potrebbe essere utile ottimizzare il sito, in modo che fornisca più valore e motivi di interesse ai nuovi utenti, o correggere il target a cui si rivolgono i nostri sforzi di acquisizione di nuovo traffico (campagne promozionali, SEO, pubblicità offline, ecc.), in modo da attirare solo persone potenzialmente interessate ai nostri contenuti.

Questo articolo è giunto al termine. Per qualsiasi dubbio, domanda o commento, non esitare a scrivermi.

Un saluto e buona giornata! 🙂